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630 | illustri italiani |
figliuola, destinò Olimpia, figlia di Fulvio Pellegrino Morato1, già tinta del colore stesso.
Ad Ercole II, figlio di Alfonso I e della famosa Lucrezia Borgia, repugnavano il carattere imperioso della moglie e gl’irreligiosi comporti; e sulle prime osò tenerle fronte e volere che fossero mandati via Marot, Soubise e il resto della contumace colonia francese. Marot ritirossi a Venezia, in una casa presso Lido, a poetare finchè ottenne di tornare in Francia, patto che si mostrasse buon cattolico: e nol facendo, dovette ritirarsi a Ginevra, dove per iscostumatezza ebbe condanna di morte, commutatagli nella bastonatura per intercessione di Calvino. Allora ricoverò in Piemonte, ove morì il 1544.
- ↑ Fulvio Pellegrino Morato, nativo di Mantova e professore di belle lettere a Ferrara, stampò un Rimario di tutte le cadentie di Dante e Petrarca (1528), e un’esposizione del Pater noster (1526). Sospetto d’avere scritto un libro di opinioni eterodosse, fu obbligato allontanarsi da Ferrara (1533); e stette professore a Vicenza e a Cesena col nome di Fulvio, sinchè, intercedente il Calcagnini, fu ricevuto di nuovo a Ferrara (1539).
A sua figlia Olimpia aveva dato squisita educazione, sicchè di dodici anni sapea greco e latino, e a 16 in quelle lingue scriveva dialoghi alla foggia di Tullio e di Platone; seppe di retorica e filosofia; verseggiava con gusto ed eleganza, come mostrano la sua Laus L. Mutii Scevolæ, l’apologia di Cicerone contro il Calcagnini, la traduzione delle due prime novelle del Boccaccio e varj dialoghi, poesie ed epistole: il Sardi le dedicò De triplici philosophia, ammirando la sua facilità nel greco e le sue cognizioni filosofiche.
Con Anna, figlia della Renata, leggeva la Scrittura in greco; ed avezza al gusto classico, della semplicità biblica prendea noja. Forse per le opinioni eterodosse, elle aveva attinte dal padre e dal Sinapi, fu rinviata dalla Corte, ed ebbe ad assistere il padre gravemente ammalato, che poi morì nel 1548. Pose affetto ad Andrea Grunther, giovane protestante tedesco, amico del Sinapi, e dottorato in medicina a quell’Università, e sposollo: ma avendo egli per affari dovuto correre in Germania, Olimpia restò sola e desolata, finchè potè raggiungerlo (1550), e con altri suoi paesani si stabilì ad Eidelberga, dove insegnò greco.
Colà deplorava i patimenti de’ suoi correligionarj rimasti a Ferrara, Ad Anna d’Este, sua allieva, divenuta duchessa di Guisa, manda esortazioni affinchè s’applichi allo studio delle lettere sacre: essa non aver altro bene che in ciò: da quando, per grazia di Dio, rinnegò quell’idolatria italiana, è incredibile quanto Iddio mutasse l’animo di lei, che, mentre aborriva dalle Scritture, allora di esse sole si dilettò, sprezzando ogni altra cosa: nè basta saper la storia di Cristo, che neppur il diavolo ignora, ma bisogna avere quella fede che opera per l’amore, e fa professar Cristo fra’ suoi nemici: nè martiri esisterebbero se avessero occultato la loro fede. La esorta a non temere l’avversione de’ suoi, e offre mandarle libri cristiani.