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cola di rienzo 365

Italia, lo fecero sulla parola di lui ammirare dal mondo letterato1. Molte città gli si sottoposero, altre il sostennero, alcune invece il trattarono da pazzo; Giovan di Vico signore di Viterbo, e quel d’Orvieto furono costretti all’omaggio; Firenze, Siena, Perugia mandarongli forze, le città dell’Umbria deputati, Gaeta diecimila fiorini d’oro; Venezia e Luchino Visconti se gli chiarirono alleati; Giovanna di Napoli onorò i suoi messi; l’imperatore Lodovico non meno; mentre i Pepoli, gli Estensi, gli Scala, i Gonzaga, i Carrara, gli Ordelaffi, i Malatesti lo prendevano in beffa.

Ed egli parve giustificare quest’ultimi dacchè, avendo nel carattere più vanità che vigore, a que’ cominciamenti così leali, così disinteressati lasciò tener dietro puerilità ambiziose.

Cominciò a circondarsi di fasto, forse per allettare il popolo; vivea di costosissime splendidezze; si fece ornar cavaliere con una solennità che mai la maggiore, lavandosi nella conca di Costantino; assumeva anche la dalmatica, usata dagli antichi impe-

  1. È singolare s’abbia a disputare a chi dirette la più bella ode del Petrarca e le speranze di Dante. De Sade sostenne che lo spirto gentil, il cavalier che tutta Italia onora non può essere Cola Rienzi: nel che fu confutata da molti, e ultimamente da Zefirino Re, al quale consente il Papencordt, mentre lo sostiene Salvator Betti, indicando che il Petrarca non potea dire che «nol vide ancor dappresso», mentre fu con lui all’ambasciata in Avignone: che la verga onorata, cioè una specie di scettro, davasi in fatto, e si continuò a dare al senatore di Roma; posto al quale era allora salito il Colonna, cui crede diretta la canzone.
    Senza di essa, si hanno diverse lettere del Petrarca a Cola. — La magnifica tua socrizione annunzia il ristabilimento della libertà; il che mi consola, mi ricrea, m’incanta.... Le tue lettere corrono per man di tutti i prelati; voglionsi leggere, copiare; par che discendano dal cielo o vengano dagli antipodi; appena arriva il corriere, si fa ressa per leggerle, e gli oracoli d’Apollo non ebbero tante diverse interpretazioni. È mirabile quel tuo esperimento, in modo da porti in salvo d’ogni rimprovero, e mostrare la grandezza del tuo coraggio e la maestà del popolo romano, senza offendere il rispetto debito al sommo pontefice. È da uomo savio ed eloquente come tu sei il conciliar cose in apparenza lottanti.... Nulla che indichi basso timore o folle presunzione.... Non si sa se più ammirare le azioni tue o il tuo stile; e dicono che operi come Bruto, parli come Cicerone.... Non lasciar la magnanima tua impresa.... Fondamenta eccellenti ponesti, la verità, la pace, la giustizia, la libertà.... Tutti sanno con che calore io me la prendo contro chiunque osa metter dubbj sulla giustizia del vero tribunato e la sincerità delle tue intenzioni. Io non guardo nè avanti nè dietro, e molti mi si avversarono; il che non mi fa meraviglia, già esperto di quel verso di Terenzio, La condiscendenza fa amici, nemici la verità».