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giulio cesare | 263 |
Non credasi però che il giudizio vulgare fosse anche comune. A Seneca, stoico e declamatore, trattando tutt’altro soggetto, sfugge questo notevole giudizio: — Il divo Giulio fu ucciso men dai nemici, che da amici de’ quali non avea soddisfatto le inesplebili speranze. Ed egli il volle bensì, nè altri mai più liberalmente usò della vittoria, nulla traendone a sè fuorchè la podestà del distribuirla. Ma come bastare a tanti improbi appetiti, quando ognuno agognava per sè solo tutto quello ch’egli poteva dare? Vide adunque attorno al suo sedile i pugnali de’ suoi commilitoni, Cimbrio Julio, caldissimo suo partigiano poc’anzi, ed altri ch’erano divenuti pompejani quando Pompeo non c’era più». Nel medioevo Dante colloca Bruto con Cassio «nel più profondo tenebroso centro degli abissi» insieme con Giuda. Gibbon versò gravi dubbj sulla virtù di Bruto: è vero però che colui discrede sempre alla virtù, anche quando più pura. Drummann, nella Vita di Cesare, mette a nudo gli ordigni della cospirazione, col che lo fa tutt’altro che ammirare. I serj fra i più recenti narratori lasciano ai fanciulli e ai retori quelle virtù di apparato.
Hoeck, Duruy, Thierry, Michelet, e gli inglesi Quinoy, Long nella traduzione di Plutarco, Mérival nei Romani sotto l’Impero, considerano Cesare come l’uomo che si collocò all’antiguardia del mondo. Dopo il colpo di Stato di Napoleone III, i Francesi si diedero a bersagliare Cesare per allusione; e a noi fecero colpa di non averlo giudicato da quell’aspetto momentaneo e parziale. Anche dopo Bury, Histoire de la vie de Julès César, 1758, e Meissner, Vita di Giulio Cesare, continuata da Haken, 1811, è a desiderare che alcuno ne tragga una più compita e vasta dai Commentarj, da Plutarco, da Svetonio. Quella intrapresa da Napoleone III non corrispose ai grandi mezzi di cui egli disponeva, e rimase in tronco.