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xii | prefazione |
con un’abilità vulgare e peggio; che le commemorazioni e le statue sovente non sono altro che vantaggi procacciati a sè stessi da coloro che le promuovono; traffico come un altro.
Ma non meno che dallo spirito d’adulazione la biografia deve guardarsi da quello di detrazione; troppo facile in un secolo che col ghigno o ebete o adiraticcio assiste alle più solenni catastrofi.
Vuolsi buona volontà per penetrare nell’abisso dell’animo umano sino a quel fondo per cui tante anomalie si spiegano, talchè compatirebbe tutto chi tutto comprendesse. Ma quanto illiberali sarebbero coloro che impedissero di dire la verità tutta, massime ai morti, ed uscissero a rabbuffarci se troviamo oscurità in Dante, orpello fra l’oro del Tasso, polvere sul manto d’uno storico che baciamo, versatilità in una cetra che c’incanta, debolezze in un santo che invochiamo! Lasciamo queste cieche enfasi alle necrologie e ai leggendarj di martiri antichi e moderni. E, per quanto, nella totale mancanza odierna di principj e nel arruffio de’ partiti riesca difficilissimo il giudicare delle persone, teniamo almeno salve le verità imprescrittibili e gli elevati sentimenti dell’anima umana.
Noi indagheremo l’uomo dietro al grand’uomo, il privato dietro all’uom pubblico, volendo metter in onore o in luce l’individuo, l’anima, gli sforzi, il valore, la virtù sua, ricordandoci che uno non si trova tutto ne’ suoi libri e ne’ suoi fasti. Fra popoli costituiti la vita si cerca principalmente nei parlamenti; fra gli altri bisogna trovarla nelle azioni individuali e negli scritti. Ora gli scrittori italiani la più parte furono ridotti a separare l’azione dal pensiero, e mentre Bulwer, D’Israeli, Canning, Russel, Chateaubriand, La Martine, Guizot, Thiers, Martinez de la Rosa.... atteggiavano da uomini di Stato mentre erano scrittori insigni, da noi l’Ariosto, il Tasso, il Parini, Monti, Romagnosi, Manzoni.... non poterono segnalarsi che colla penna. Men complesso ne riuscirà dunque il giudizio.