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punto, che tutte le mie fibre ne furono scosse. Spronai il cavallo perchè galoppasse ancora di più: era coperto di spuma, entrambi anelanti, quando mi trovai sovr’esso dinanzi al cancello che guidava ai terreni della cercata villa. Lasciato il cavallo ad una casa di contadini, feci a piedi quel tratto di cammino, procurando intanto riacquistare la calma necessaria a prepararmi all’incontro desiderato e già prossimo. Io rampognai me medesimo per aver potuto così di leggieri darmi in preda a meri dubbii e immaginazioni; ma è noto quanto la mia anima fosse cedevole ai varianti impulsi del sentimento.
Entrando nel giardino, tutti gli oggetti mi si presentarono nell’aspetto medesimo in cui io gli aveva lasciati; e tale non cambiato aspetto di cose mi confortava. Qui erano i viali entro cui furono sì frequenti i nostri passeggi, e ove Bianca ed io porgevamo attento orecchio ai canti dell’usignuolo; questi frascati ne accolsero così sovente seduti insieme, e ne difesero con la loro ombra dagli ardori del mezzogiorno. Qui gli stessi fiori prediletti di Bianca, e ogni apparenza dicea che la mano di lei governavali tuttavia. Tutto quivi additava, tutto spirava Bianca; e la speranza e la gioia inondavano ad ogni passo il mio seno. Giunto ad un picciolo pergolato, all’ombra del quale più d’una volta ci eravamo seduti leggendo, trovai sopra un sedile un libro ed un guanto. Era di Bianca quel guanto; il libro, un volume del Metastasio ch’ella avea ricevuto da me. Il guanto serviva di segno ad uno de’ miei passi più favoriti. Me lo strinsi estatico al cuore. «Tutto è salvo (esclamai): ella mi ama ancora, ella è sempre mia».
Giunsi in fondo al viale con altrettanta prestezza quanta fu la lenta esitazione con la quale ne uscii nel giorno della mia partenza. Io vedea già il padiglione favorito di Bianca che fu teatro della nostra separazione. Aperta era quella stessa finestra, e le si arrampicava attorno quella stessa vite, tutto nel medesimo stato come allor quando immersa