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italorum sapientia 145

prio giudizio, non si disponga che con metodo geometrico, questo è pur troppo. Ormai sarebbe tempo da questi estremi ridursi al mezzo: seguire il proprio giudizio, ma con qualche riguardo all’autorità; usare l'ordine, ma qual sopportan le cose. Altimenti s’avvedranno, tardi però, che Renato egli ha fatto quel che sempre han soluto coloro che si son fatti tiranni, i quali sono cresciuti in credito col parteggiare la libertà; ma poichè si sono assicurati nella potenza, sono divenuti tiranni più gravi di quei che oppressero. Imperocchè egli ha fatto trascurare la lezione degli altri filosofi col professare che con la forza del lume naturale uom possa sapere quanto altri seppero. E i giovani semplicetti volentieri cadono nell’inganno; perchè la lunga fatica di moltissima lezione è molesta, ed è grande il piacer della mente d’apparar molto in brieve. Ma esso in fatti, benchè ’l dissimuli con grandissim’arte in parole, fu versatissimo in ogni sorta di filosofie, matematico al mondo celebratissimo, nascosto in una ritiratissima vita, e, quel che più importa, di mente che non ogni secolo suol darne una simigliante: co’ quali requisiti che uom voglia seguire il proprio giudizio, il può, nè altro ha ragion di poterlo. Leggano quanto Cartesio lesse Platone, Aristotile, Epicuro, S. Agostino, Bacone da Verulamio e Galileo: meditino quanto Cartesio in quelle sue lunghissime ritirate; e ‘l mondo avrà filosofi di ugual valore a Cartesio. Ma col Cartesio e con la forza del natural lume sempre saranno di lui minori; e Renato avrassi stabilito tra loro il regno, e preso il frutto di quel consiglio di rea politica, che è di spegnere affatto coloro per li quali si è giunto al sommo della potenza. E qui protesto aver detto queste cose un poco più chiara e diffusamente, comandato da voi a spiegarmi, e da voi ripreso di brevità; perchè non volli mai dispiacere a’ dottissimi Cartesiani, co’ quali ho stretti vincoli d'amicizia: ma perchè essi sono oltre Cartesio dottissimi, il devono prendere in quella parte più tosto, che, per utile del mondo, propongo essi in esempio a’ giovani che vogliono divenire valorosi filosofi.

Vagliami conchiudere finalmente con una risposta la quale serva per tutte le vostre opposizioni: che quanto mi avete opposto, egli l'avete fatto in grazia de’ giovani che si dilettano di sì fatti studj: e prendendo la loro causa e persona all’uso degli oratori, che dicono esser loro ragione quella che è in verità de’ clienti, coteste difficoltà che poteano far essi, e potevate voi di tutte soddisfarli, avete voi fatto contro di me, acciocchè il libro che innanzi scrissi per dotti, come per voi, ora servisse anche per essi. M'inducono e l’onorevolezza loro mi lusingano a crederlo quelle vostre parole (p. 118): «E qui siaci lecito di protestare che tutte le sopraddette cose non adduconsi da noi per genio di volerle contraddire, e impugnar

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