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130 de antiquissima

quel torno gagliardo con cui ritondate quel sentimento: «Ma a chi non è noto che sovente i vocaboli sentio e sensus appo i Latini hanno il significato medesimo che intelligo ed intellectio, judico e judicium» potevate appianarlo con riconvenirmi che io medesimo anche nel margine del § De Sensu (pag. 80) dissi: Latinis omnia mentis opera sensus; e ne vado investigando le cagioni.

Ma ritornando alle origini, quella però che intelligere (p. 116) in significazione di raccoglier tutto e di apertamente conoscere è combattuta da voi con l’autorità de’ grammatici, nè pur, seguendo la loro etimologia, sembra essere stata abbattuta. Imperocchè la parola intelligere non viene da intus legere, che sarebbe internamente raccogliere, onde voi ne inferite per assurdo che sarebbe l’Intelligenza propria dell’uomo, non già di Dio; ma viene da interlego, fatto più dolce intellego, presa la preposizione inter non in sentimento di frammezzamento, sicchè significasse trascegliere tra le molte le migliori cose, cioè a dire le vere; ma in significazione di accrescimento o di perfezione, come il dimostrano le voci interminari, minacciar fortemente; intermortuus, morto affatto; interficere, finire un di ferite; interdicere, apertamente ordinare: che non intendendo alcuni interpreti delle leggi, molto divagano dal vero dintorno l’origine della voce interdictum.

Rimane finalmente, per quello che riguarda questa parte dell’Origini, da non doversi trascurare quella che voi chiamate questione di nome (pag. 111), se la Topica, Critica e Metodo abbiano a dirsi arti, non facoltà.

Perchè non d’altronde proviene la difficoltà che i Latini hanno avuto di rendere in loro idioma la voce ῥητορική; gli ajuti della quale fanno comunemente natura, arte ed esercitazione; cioè che la natura la promuove, l’arte la indirizza, l’esercitazione la conferma: e ῥήτορες appo i Greci non significa maestri dell’arte, ma oratori, i quali certamente non sono da stimarsi se non hanno acquistato quella facilità di ben parlare, che possano all’impronto patrocinare con eloquenza le cause. Talché trattando io in quel libro di sottili differenze che si hanno da osservare circa la proprietà delle voci, m’importava non confondersi, particolarmente quando io ex professo le distingueva, per le gravi conseguenze che ne provengono, come una quella che l’uomo con ciascuna facoltà si fa l'oggetto proprio di quella. Onde puossi dare il fondamento a tutto ciò che ragiona per vie non tentate innanzi da altrui il barone Herberto nel suo libro De Veritate; che ad ogni sensazione si spieghi e manifesti in noi una nuova facoltà che è il maggior argomento di quella Metafisica1.

  1. Herberti opus, quod Vicus citat, inscribitur, Tractatus de veritate prout distinguitur a revelalione, a verisimili, a possibili et a falso. Videsis Introductionem generalem quom Vici Operibus praeposuimus.