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italorum sapientia 129


Della voce caussa opponete (pag. 116) che dovrebbe significare negozio, non come dall’oratore e dal legista si considera, ma come dal metafisico in sentimento della cagione, ed in ispecie dell’efficiente; talchè come in Cicerone si legge, in seminibus causa est arborum et stirpium, e appo Virgilio,

Felix qui potuit rerum cognoscere causas,

sì avesse potuto latinamente sostituire la voce negotium.

Della medesima maniera vorreste ch’io avessi addotto luoghi dove la voce genus significasse forma, quale i fisici intenono; e la voce species significasse quello che da’ filosofi individuo s’appella.

All’una e all’altra di coteste opposizioni credo già essersi soddisfatto dove ragionammo della Condotta, perchè in cotal guisa, nella quale voi richiedete da me le pruove delle origini, io avrei ritratto l'antica Sapienza d’Italia da esse voci latine, non dalle origini loro, che è il mio argomento.

Quel che di più mi opponete, che la parola anima in sentimento di aria venga dalle favella de’ Greci, appo i quali l’aria mossa fu detta ἄνεμος; onde io malamente ne faccia autori i filosofi italiani.

Egli pure per tutto il ragionato della Condotta sta risoluto: perchè dalle pruove ivi fatte facilmente si può dedurre che quegli Egizj antichissimi che mandarono in Italia cotal voce in cotal sentimento, l’avessero parimente mandata in Grecia; e così essersene tutte e due queste nazioni servite, senza averne alcun commercio tra essoloro.

Ma è bisogno che io vi nieghi quell'altro poi, che Lucrezio da’ giardini di Epicuro trasportò nel Lazio la distinzione delle voci animus ed anima, con quelle loro eleganze, che anima vivamus, animo sentiamus: al qual proposito adducete i suoi leggiadrissimi versi, e ne inferite che sia dottrina forestiera, non nativa d’Italia.

Io pur lo dissi (Cap. V, pag. 75) ragionando dell’ eleganze di queste due voci: Elegantia duum horum verborum amimus et anima, quod anima vivamus, animo sentiamus, tam scita est, ut T. Lucretius eam veluti in Epicuri hortulo natam vindicet suam; ma la voce veluti importa improprietà: nè in vero Lucrezio potea di Grecia ripeterla; perchè essi con la voce istessa ψυχή significano e l’uno e l’altro; e quando essi ragionano d’immortalità, che da’ Latini dicesi animorum, non animarum, essi usano la medesima. Sicchè il Fedone, dove ex professo si tratta de Immortalitate animorum, è intitolato περί ψυχῆς. Oltrechè Lucrezio trovò questa eleganza di voci in filosofici sentimenti ab antiquo correre per le bocche romane molto innanzi ch’esso vi portasse l’epicurea filosofia.

Sol mi rimane intorno a’ versi di Lucrezio soggiungere che

Vici Op. lat. T. I. 9