255Novi occhi pose in fronte all’uomo; Giove1
Cinse di stelle;2 e fatta accusa al sole
Di corruttibil tempra3 il locò poi,
Alto compenso! sopra immobil trono.4
L’altro, che sorge a lui rimpetto, in vesta 260Umil ravvolto e con dimessa fronte,
È Cavalier,5 che d’infiniti campi
Fece a la taciturna Algebra dono.
O sommi lumi de l’Italia! il culto
Gradite de l’Orobia pastorella,6 265Ch’entra fra voi; che le vivaci fronde
Spicca dal crine e al vostro pie le sparge. In questa, a miglior geni aperta luce,
Il linguaggio del ver Fisica parla.7
A le dimande sue, confessa il peso 270Il molle cedente aere;8 ma stretto,
Scoppia sdegnoso dal forato ferro,9
Avventando mortifera ferita.
Figlio del Sole il raggio settiforme
A l’ombre in sen, rotto per vetro obliquo, 275Splende distinto ne i color de l’Iri.10
Per mille vie torna non vario in volto;
Ne la Dollondia man docil depone
La dipinta corona: in breve foco
Stringesi, ed arma innumerabil punte, 280A vincer la durezza adamantina.11
Qui il simulato ciel sue rote inarca;
L’anno divide; l’incostante luna
In giro mena, e seco lei la terra.12
Suo circolante anello or mostra or cela 285Il non più lontanissimo Saturno.13