Vertiginosa in rio furor la trasse.1
Tal quaggiù de’ l’altrui vita si nutre,
Altre a nudrirne condannata, l’egra 225Vita mortal che il ciel parco dispensa. Ecco il lento bradipo, il simo urango,
Il ricinto armadillo, l’istrice irto;
Il castoro architetto, il muschio alpestre,
La crudel tigre, l’armellin di neve. 230Ecco il lurido pipa, a cui dal tergo
Cadder maturi al Sol tepido i figli:2
L’ingordo can, che triplicati arrota
I denti, e ’l navigante inghiotte intero.3
Torvo così dal Senegallo sbuca 235L’ippopotamo, e con l’informe zampa
De l’estuosa zona occupa il lido.4
Guarda vertebre immani! e sono avanzi:5
Si smisurata la balena rompe,
Ne la polar contrada, i ghiacci irsuti! 240È spoglia, non temer, se la trisulca
Lingua dardeggia, e se minaccia il salto
La maculata vipera e i colubri,
Che accesi solcan infocate arene.
Qui, minor di sua fama, il voi raccoglie6 245Il drago: qui il terror del Nilo stende,
Per sette e sette braccia il sozzo corpo;7
Qui, dal sonante strascino tradito,
Il crotalo implacabile, qui l’aspe;
E tutti i mostri suoi l’Africa manda. 250Chi è costui, che d’alti pensier pieno,
Tanta filosofia porta nel volto?8
È il divin Galileo, che primo infranse
L’idolo antico:9 e con periglio trasse
A la nativa libertà le menti:
↑Pazzia delle pecore nata dalle larve dell’estro, spezie di mosca.
↑Nati che sieno i figli, il maschio li mette sul dorso della femmina in tante cellette che vi si trovano, finchè il sole maturandoli li faccia di là cadere.