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60 | il vicario di wakefield. |
tesie ricevute di fresco da gente a noi superiore risvegliarono quell’orgoglio ch’io aveva sopito, non spento. Si tornò di bel nuovo a colmar le finestre d’alberelli da olio e lisciamenti per le guance e pel petto: nell’uscire si temeva il sole come nimico alla pelle, e in casa il fuoco si guardava di mal occhio quasi guastasse le carni. Osservò mia moglie che il troppo levarsi di buon mattino danneggiava le pupille delle zitelle, che lavorando dopo il pranzo gliene venivano rossi i nasi; e tentò di convincermi che mai non erano sì bianche le loro mani come allora che se le tenevano a cintola: quindi, anzi che terminare le camicie di Giorgio, d’altro non si curavano che di dar nuove forme a vecchie cuffie e ricamare veli.
Le fanciulle Flamboroughs, che prima erano le loro compagne di trastullo, furono ripudiate come troppo abbiette persone; nè si cinguettò più se non di maniere cavalleresche, di pitture, di gusto, di Shakespear, e di vetri armonici.
Ma tutto era un nonnulla se non capitava una zingana, di quelle che danno la buona ventura, a finire di farle uscire de’ gangheri; e appena comparve quella bruna sibilla, accorsero elle a chiedermi un fiorino d’argento da porle in mano. Per dire la verità, io era stanco della mia continua saviezza, e non potei lasciare di soddisfarle, amando di vederle, come che fossero, contente; imperò diedi il fiorino a ciascheduna. Vuolsi per l’onore della famiglia nondimanco qui narrare come non fosse penuria mai di quattrini anche nelle tasche di loro, essendo inviolabile decreto della generosa mia moglie ch’elleno vi avessero sempre una ghinea, con espresso comando però di conservarla intera senza mai farla barattare. Lunga pezza stettero chiuse in una camera colla strolaga; e finalmente all’uscirne m’avvidi dai loro sguardi che le erano state fatte di grandi promesse, e rivoltomi ad Olivia le domandai s’ella era riuscita a bene, e se la maga le aveva valutato a dovere il fiorino. “Padre mio,” ri-