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e ponente s’immergano nell’uniforme turchino cupo, sparso qua e là di tremule stelle.

— «E le nostre belle nuvolette?» disse Lucy.

— «Sparite!» risponde Antonio mestamente, «emblema di molte splendide speranze, che vi svaniscono proprio sott’occhio.»

— «Ma torneranno domani,» disse Lucy semplicemente, e così dicendo chinò un poco il suo capo verso Antonio. La brezza vespertina, spinse alcune anella de’ suoi biondi capelli sopra le di lui labbra, quasi offrendogliele a baciare.

— «E chi può dire, egli ripigliò, «quali nuvoloni pregni di elettrico avvilupperanno domani quelle cime?»

Le mirabili evoluzioni di luce e d’ombra, descritte, per risparmiare la pazienza del nostro lettore, in poche linee, avevano durato in realtà una buona ora: il cui primo quarto era stato consacrato da sir John al suo giornale; il secondo a trovar una comoda positura, e l’ultima mezz’ora ad un beato sonno. Per questo la signorina e il signore parlavano sottovoce; e parlando sottovoce, avveniva di tratto in tratto che si chinassero l’uno verso l’altra.

La quiete solenne della sera fu subitamente interrotta dalle campane delle sei chiese di Castellaro sonanti l’Ave Maria; accompagnate in rapida successione da quelle delle chiese molto più numerose di Taggia e dai lontani conventi de’ Cappuccini e de’ Domenicani. Era il più soave e melanconico concerto immaginabile. Sir John cambiò positura, ma non si destò; e Antonio dièssi a recitare quasi all’orecchio di Lucy quegli impareggiabili versi di Dante tanto citati, e tanto degni d’esser citati ancora:


          «Era già l’ora che volge il disìo
          A’ naviganti, e ’ntenerisce il cuore
          Lo dì c’han detto a’ dolci amici: addio;
          E che lo novo peregrin di amore
          Punge, se ode squilla di lontano
          Che paja il giorno pianger che si muore.»


— «Non ho sentito mai pienamente com’ora,» disse Lucy con occhi splendenti di luce, «tutto il patetico di questi bei versi. Il rammarico per la patria lontana, che spira da essi, penetra nel più intimo del cuore. Denno essere stati scritti in un’ora come questa.»

— «E da un esule,» aggiunse Antonio. «Probabilmente gli occhi del gran Ghibellino erano rivolti ad una catena di monti simile a quella che ci sta dinanzi, la quale si frap-