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infelicemente nella mia cura d’un espediente molto efficace, specialmente in que’ primi fierissimi casi, in cui l’algidità e la cianosi apparivano così pronte ed intense.
E anche questo fia suggel che ogni uomo sganni, sulla necessità di aprire prontamente ricoveri a’ malati poveri ne’ luoghi invasi dalla malattia. I soccorsi a domicilio sono una bella e santa cosa; il rispettare anche la libertà (solo bene che rimanga all’infermo) di morire nel proprio letto, fra le braccia de’ suoi, significa pure umanità e civiltà, e fa onore al governo nostro. Ma chi si è aggirato per i tugurii visitati (e come visitati!) dalla terribile malattia; chi ha visto con quante necessità, malgrado i soccorsi della carità comune e privata, abbia da combattere l’infermo povero, la tetra luridezza di quelle oscure e fredde e anguste stanzucce; chi ha sentita la puzza, che si esala dalle latrine mal difese, dagli stracci da’ mobili, e fino da’ pavimenti e dalle pareti medesime starei per dire17; chi ha veduto, come spesso molti de’ parenti s’adoprino di forza ed invano, dove un servente solo di spedale basterebbe; chi sa, come le fatiche le veglie sieno a lungo andare cagione, che i sani stessi ammalino; chi ha provato, come le ordinazioni mediche o per incuria o ignoranza siano trasandate e frantese, certamente, se medico con pericolo maggiore sì della vita, se municipio con qualche dispendio di più forse, ma con più fiducia amendue di giovare all’umanità, preferiranno sempre il servigio ordinato regolare e assiduamente sorvegliato del lazzeretto alle sparpagliate e scompigliate cure domiciliari.
De’ pochissimi malati, che ebbi nel lazzeretto, in due soli ebbi opportunità di sperimentare il bagno caldo. Ma