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dendo che egli omai non poteva più restare in corte, in quella notte stessa, dopo aver consegnata ad Ayàz, favorito del principe, una lettera suggellata con l’incarico di consegnarla a Mahmùd passati venti giorni, partì da Ghasna solo solo, senza recar nulla con sè. Lungo la via però lo raggiunse un corriere, mandato da Ayàz, che gli recava alcuni soccorsi di denari. Così il poeta proseguì il suo viaggio finchè giunse a Bagdad, alla corte del Califfo Al-Kàdir Billahi Abassi, allora regnante. Il Califfo ricevette con grandissimo onore il profugo poeta, il quale, anche per assicurare il suo nuovo protettore della sua fede di maomettano, compose per lui un poemetto intorno alla storia di Yùsuf e di Zuleykhà, inspirandosi al racconto del Corano. Il poemetto è giunto fino a noi, ma è inferiore al Libro dei Re e rivela l’età grave e la stanchezza del genio di Firdusi.

Ma la lettera suggellata che Firdusi aveva consegnata ad Ayàz, conteneva una terribile e violenta invettiva contro di Mahmùd. Questa satira o invettiva che giunse fino a noi, è riferita per intero, da me tradotta, alla fine del presente scritto. Mahmùd, alla lettura di quei versi concitati, fu preso da subito furore e scrisse al Califfo di rimandargli in qualunque modo il poeta fuggitivo. Ma il Califfo, dopo aver disarmata con un’arguta risposta l’ira del Sultano, s’accorse tuttavia che era pericoloso il ritener Firdusi, come era non generoso l’abbandonarlo nelle mani del suo adirato signore; e perciò gli consigliò la fuga. Firdusi allora, partitosi da Bagdad, soggiornò qualche tempo ad Ahvàz nell’Iràk-agemi, indi passò nel Kohistàn presso Nàsir Lak, governatore di quella provincia. Nàsir Lak era un