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Il Canzoniere 327

cando.... Da poi ricevuti con divozione i santi sacramenti de l’eucaristia e de l’estrema unzione, dui giorni visse e ben pentita se ne morìo» (pp. 98-99).

V. 14. La novella si chiude col presente sonetto, preceduto da queste parole: «Fu la donna seppellita ne la chiesa di San Domenico, a la cui sepoltura fu attaccato questo sonetto, fatto da non so chi». Ma noi sappiamo ormai (cfr. pagine introduttive di questo volume, p. 28, nota), che l’autore altri non è che il Bandello medesimo.


XXVIII.

È questo l’ultimo dei cinque sonetti-epitafii fornitici dalle novelle del Bandello. Narra egli nella novella che gli dà argomento, come «un frate minore con nuovo inganno prende d’una donna amoroso piacere, onde ne séguita la morte di tre persone ed egli si fugge» (II-24).


Ferma viator, il passo: io son colei
     Che credendo il consorte aver a lato,
     Un altro v’ebbi, ond’hommi soffocato,
     4E meco il figlio a caso, ohimè, perdei.
Il mio fratello a questi avvisi rei
     Contra il marito mio si mosse armato,
     Pensando l’omicida ei fosse stato,
     8Che non sapeva ancor i casi miei.
Come l’incontra, il fere a l’improvviso;
     Quel si difende e ’l prega e molce e dice:
     11— A me, cognato, questo perchè fai? —
Ma risposta da quello non elice,
     Onde il fratello al fin rimase anciso.
     14E s’or non piangi, quando piangerai?

V. 1. Ferma viator il passo: cfr. esordio sonetto precedente.

V. 3. Un altro v’ebbi, infatti il frate «trovata la donna che dormiva, soavemente la destò e se le corcò a lato... e quella appresso al marito esser credea...» (p. 120).