Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
Il Canzoniere | 323 |
V. 1. La greca Elena. E infatti la protagonista della novella in questione «gentildonna che anco ella era di Grecia, venuta de la città di Modone, si chiamava Regina, giovane di tanta e sì incredibil bellezza dotata che da tutti era detta la “greca Elena„» (p. 226).
Vv. 5-6. Di grazia e d’onestade. Dice la novella: «Era poi oltra l’estrema beltà in modo costumata e gentile, e di tanta onestà di quanta altra donna si ritrovasse» (p. 226).
V. 8. Il casto corpo: «Ella che onestissima era e il marito unicamente amava...» ivi, (p. 227).
V. 9. Marito crudo e feroce, «crudele ed inumano albanese» ivi, (p. 229) è detto il marito cavaliere Spada.
V. 10. Che fuor di modo ingelosito: «egli oltra ogni credenza geloso di lei divenne» (p. 227).
V. 11. Senza ragion aver: «Nè altra cagione a ciò lo sospingeva se non che com’egli molto la amava... così s’imaginava che ciascuno l’amasse e che ella ad ogni uomo piacesse, ed ancora che così cercasse di piacer altrui come a lui faceva» (p. 227).
V. 12. Con man omicida: «...preso un pugnal bolognese,... diede a la donna su la testa una pugnalata e in quello stesso instante un’altra a sè nel petto, e così or sè or la moglie ferendo... Alora il fiero moglicida dandosi del pugnale nel mezzo del core cacciò la brutta e sceleratissima anima a casa di cento mila diavoli» (p. 229).
V. 14. La novella si conclude col presente sonetto cui son preposte queste parole: «Furon molti epitafii posti su la sua sepoltura, tra i quali uno ora m’è a la memoria sovvenuto, non perchè sia il più bello, ma perciò che per esser in versi m’è più restato in mente» (p. 231).
XXVI.
È il sonetto-epitaffio con cui ha termine la famosissima novella di Giulietta e Romeo, dove il Bandello racconta «la sfortunata morte di due infelicissimi amanti che l’uno di veleno e l’altro di dolore morirono, con vari accidenti» (II-9).
Credea Romeo che la sua sposa bella
Già morta fosse, e viver più non volse,
Ch’a sè la vita in grembo a lei si tolse
4Con l’acqua che «del serpe» l’uom appella.