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278 | Matteo Bandello |
8E vuol che viva mille etati, e poi.
Non vai, Savello, in fatti eccelsi e magni
La vita consumar cercando lode
11Senz’il favor d’un nobile poeta.
Che son nostr’opre alfin tela di ragni
Soggette al tempo, che le guasta e rode,
14Se qualche dotta Musa nol divieta.
V. 1. Che fôra, che sarebbe.
V. 2. È il dantesco: «...il superbo Ilion fu combusto», Inf., I, v. 75.
V. 6. Morte o il tempo, ecco i nemici della fama degli uomini. Si vedano del Petrarca Il Trionfo della Morte, Il Trionfo della Fama, Il Trionfo del Tempo, tre parti dei Trionfi.
V. 7. Il tra’, lo trae.
V. 9. Savello, Silvio, romano, lo fa eloquente narratore di una novella (I-2) in casa di Lucio Scipione Attellano. Lo ripresenta in altra novella (I-26) mentre «assediava i Francesi nel castello di Milano per pigliarlo a nome di Massimiliano Sforza, come poi per accordio fece. Indi andò a pôr l’oste a Crema ecc.».
Vv. 9-11. Qui è il concetto fondamentale.
V. 12. Tela di ragni, fragilissima, quindi.
CCI.
Lontano — in Francia — e omai, per sempre, dalla Mencia, afferma che la sua non è più vita, ma vera morte dell’animo se pur il corpo sopravvive. E sul concetto — e sulle parole di «vita» e di «morte» che gli ritornano frequenti sotto la penna — compone quest’ultima sua Ballata in lode, e in rimpianto, della Mencia mantovana.
Come potrò mai dire
Ch’io viva, e vita questo viver sia
S’è senza vita ognor la vita mia?
Il vivo raggio, che dagli occhi viene
5Della mia Donna, Amore,