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270 | Matteo Bandello |
Rangone presta volentieri orecchio come si vede nella dedica della novella del Nostro a lui dedicata (I-43). Molto probabilmente, conclude il Mandalari, quando il Bandello scrisse questo sonetto, era già devoto alla Lega Santa, ne’ dintorni di Milano».
Qual luogo avrai, magnanimo Signore,
Tra gloriosi ed immortali Eroi
Se giovanetto ancor li fatti tuoi
4Ti dan dell’armi il principal onore?
E qual mai stile fia, che ’l tuo valore
Agguagli, e spieghi quanto vali e puoi,
Se dalli nostri fino ai liti Eoi
8Traluce il sol del chiaro tuo splendore?
Non sperar dunque alli tuoi merti uguale
Luogo fra noi, che su nel ciel a canto
11A Marte il seggio tua virtù ti dona.
Nè sia poeta alcun che stenda l’ale
Presso al tuo volo, ch’ei s’innalza tanto,
14Che dietro lascia Cirra ed Elicona.
V. 7. Eoi, lidi orientali, da Eos, l’Aurora.
V. 14. Cirra ed Elicona, i due gioghi di Parnaso, come già annotammo precedentemente.
CXCIII.
Descrive con bella ipotiposi un dipinto da lui attribuito a Giulio da Romano: La Storia di Psiche e l’Assalto all’Olimpo nel palazzo del Tè a Mantova, che invece, secondo taluni critici, fu opera non di Giulio, ma di Rinaldo Mantovano su disegni di Giulio. E per essere precisi soggiungeremo che la parte figurativa fu eseguita da Rinaldo, o Rainaldo, che dir si voglia, mentre paesi e montagne, furono operati più tardi da Luca di Faenza e da Fermo da Caravaggio.
Non perder più saette, o sommo Giove,
Ma spegni il tuo furor, ammorza l’ira,