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Il Canzoniere | 195 |
V. 1. Poichè, dopo che Amore ebbe largamente sparso le sue frecce piegando l’ale, raccogliendo il volo andò a posarsi in seno alla Mencia. Quartina espressiva e ben condotta.
V. 8. Mi speri, hai speranza di scaldar anche me con la tua fiamma? Sappiamo già qual trattamento, anzi qual maltrattamento riserbi al piccolo dio alato e faretrato; cfr. son. X, XI; LIII.
Vv. 12-13. Di Venere, son le bellezze della Mencia enumerate a parte a parte; ma la voce è irata.
CXXXIII.
Dorme. In sogno vede la Mencia al suo capezzale; e non vorrebbe ridestarsi mai più. L’esordio è esemplato su quello dantesco del canto IX del Purgatorio.
Vinto dal sonno i’ riposava alquanto
Allorchè di Titon la bella Aurora
Esce partendo dell’albergo fora,
4E Progne rinnovella il vecchio pianto.
Ed ecco del mio letto al destro canto
Madonna i’ sento, che s’assise allora
Dicendomi: che vuoi? qui pur son ora:
8E quella man mi sporse amata tanto.
Ond’io che di sognarmi immaginai
Per l’insolita gioia fra me dissi:
11Beato me, se non mi sveglio mai!
E perchè gli occhi poscia i’ non aprissi,
Dormir eternamente i’ desiai,
14Ma che Madonna a canto i’ mi sentissi.
V. 1. Vinto dal sonno, cfr.: «Vinto dal sonno in su l’erba inchinai», Purg., IX, v. 11.
Vv. 2-3. Allorchè di Titon la bella Aurora | Esce partendo dall’albergo fora, è, in altre parole, il dantesco: «La concubina di Titone antico | Già s’imbiancava al balco d’oriente | Fuor delle