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194 | Matteo Bandello |
Così le pene mie cantando scrivo,
Non le lodi di quella, che m’infiamma,
Ove con Smirna, Manto debil fora.
V. 1. Grazia, non ottenni mai il favore di poter coronarmi del poetico alloro.
V. 3. Pegaso, largo umore, copiosa onda, cfr. son. XVII, v. 3, nota.
V. 8. Acidalio fonte, dove si bagnavano le Grazie.
V. 11 Onde, per cui. Verso ben cadenzato.
V. 12. Anche questo è verso ben riuscito, grazie forse allo stampo dantesco dei due emistichii: «Così l’animo mio...», Inf., I, v. 25; «...che cantando varca», Parad., II, v. 3. Scrivo e descrivo in versi, cantando, non già le lodi, ma le pene, ecc.
V. 14. Smirna, Manto, Omero e Virgilio, cfr. son. XVII, v. 6.
CXXXII.
Amore scambia la Mencia per sua madre, Venere; ne è sdegnosamente respinto. È questo un doppione del sonetto X.
Poi ch’ebbe Amor in questa parte, e ’n quella
Ferito uomini e Dei, piegando l’ale
S’assise in grembo di Costei, che sale
4Per vera fama sovr’ogni altra bella.
Che come vide l’arco, e le quadrella,
E sentì ’l fuoco ardente ed immortale,
Gridò sdegnata: dunque i’ sono tale,
8Che mi speri scaldar con tua facella?
A questa voce Amor for di se stesso:
Ohimè! chi parla? certo i’ pur pensai
11Essermi in seno di mia madre messo.
Di Venere son questi gli occhi, e i rai,
La bocca, il naso, e tutto ’l volto espresso:
14Ma questa voce non sentii più mai.