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184 | Matteo Bandello |
Onde fa strali Amor, e ’l fuoco piglia.
50E s’egli mi consiglia
Mirar intento quel candor sì vivo,
Alla mia morte arrivo,
Perchè m’abbaglia sì quel chiaro lampo.
Che come solfo in mezzo ’l fuoco avvampo.
55Così dagli occhi, dal parlar, da quello,
Da quel candido petto i’ veggio sempre
Nuove dolcezze uscir, ch’ognor mi fanno
Tremando e ardendo in dolce e lieto affanno
Viver cangiando mille volte tempre:
60Nè so come mi tempre
Tra sì soave e dilettevol noia.
Ma perchè tanta gioia
Mal si può dir e avanza ogni diletto,
Tu viverai, Canzon, sovra ’l bel petto.
V. 1. Mossa retorica, con ripetizione enfatica. Lo stesso ai vv. 55-56.
V. 2. Involo l’esca, traggo l’incentivo a vivere la mia povera vita.
V. 13. Da me, da parte mia. Concetti involuti, forma contorta.
V. 19. Ella poi ragiona, di pensieri elevati e originali. Parrebbe qui la Mencia volta alle speculazioni filosofiche: parla con grazia, con umanità di sensi, con ponderata gravità di eloquio.
V. 24. Emistichio dantesco: «Che come vedi ancor non m’abbandona», Inf., V, v. 105.
V. 26. Verso delicato e gentile; conferma l’ipotesi accennata in nota al v. 19 e fornisce un indizio, ma troppo vago in difetto di altri elementi, per l’identificazione della Mencia, che certo è bella, dotta gentildonna di buon casato mantovano.
V. 38. Il casto petto: è il vero argomento della Canzone, come nettamente dichiara nella chiusa. Con allusioni velate lo descrive nei versi successivi a parte a parte, con prolissità, senza però eccedere nei particolari veristi.
V. 41. Poggio, altura, e cioè le due «mamme» come dice altrove: «La gola, il petto e la persona snella», sonetto VI, v, 8; «Le mamme, e ’l petto dove i’ fui nudrito.», sonetto X, v. 14; «... ’l bianco petto, ...le due mammelle | Che ponno un paradiso in terra fare», son. XII, vv. 5-6; «Col petto albergo d’onestate