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170 | Matteo Bandello |
4Gelo nel fuoco, e dentro il ghiaccio infuoco;
In odio ho ’l pianto, e fuggo ’l riso, e ’l giuoco,
Ognor mi cangio, e son quel ch’esser soglio.
Quanto più sono allegro più mi doglio,
8Amor non curo, e ’l suo soccorso invoco.
Son muto, e parlo; e sordo, e ’l tutto intendo,
Il fuoco e l’acqua porto uniti in mano,
11Nè v’è chi mi contrasti ed io mi rendo.
Morta è ’n me l’alma, ed io son vivo e sano,
Chi mi tien fuggo, e chi mi fugge prendo,
14Così m’ha concio il guardo altiero e piano.
V. 1. Cieco mi trovo; lo spunto, come si vede, è identico nel Bandello come nel Petrarca. Infiniti riscontri minori, trascureremo per brevità perchè saltano all’occhio di chicchessia s’indugi nel raffronto.
V. 14. Concio, conciato, ridotto. Analogamente il Petrarca: «Come m’ha concio il foco», Canz., L, v. 77.
CIX.
Si rivolge a Michele Brivio, letterato che egli frequentò a Milano, e di cui parla nel Novelliere (II-23; III-51), associandone il nome a quel del Berni. Gli confessa che nulla brama fuorchè seguire la Mencia.
Brivio, dall’Indo al Mauro tutto ’l mare
Solchi chi vuol, e gemme, e perle ed oro
Si metta in seno, e accumuli tesoro,
4Ed abbia stati e regni senza pare.
Altri la notte e ’l dì leggendo, fare
Acquisto cerchi del famoso alloro;
Altri nell’armi sudi, altri nel foro