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Il Canzoniere | 167 |
Or vedi que’ begli occhi altieri e vivi,
In cui stupendo nostr’età si mira,
Ed odi quella ch’a sè l’alme attira
8Col bel parlar, con gli atti dolci e schivi.
E se le Ninfe allor, Satiri e Pani
Venìan sovente per udir il suono
11Che senza par sarà sempre tra noi;
Per mirar questa or qui ridotti sono
Da vicini paesi, e da lontani
14Con gli alti Semidei gl’invitti Eroi.
V. 2. Favoso Mencio, perchè le sue rive smaltate di fiori producono favi di miele.
V. 3. Titiro, pastore, celebrato da Virgilio nell’Egloga I; intitolata per l’appunto «Tityrus», e altrove.
V. 6. Stupendo, la nostra età meravigliandosene, vi si specchia.
V. 7. Quella, la Mencia.
V. 14. Semidei nell’età del Bandello sono da intendersi i prìncipi, le persone di alto lignaggio; Eroi, già vedemmo in Canz. I, v. 1, nota, si chiamano in genere i personaggi, gentiluomini e gentildonne, di cui egli parla nel suo Novelliere.
CVI.
Tutto il sonetto — tramato sui consueti encomii alla Mencia — prepara l'ultimo verso.
Dal più leggiadro e amorosetto viso,
Che mai pigliasse Amor per fuoco ed esca,
Dall’ampia fronte dov’ei vuol che cresca
4Quel ben che l’uom dal volgo tien diviso;
Da’ begli occhi che fanno un paradiso,
Ov’ogni alma gentil s’incende e invesca,
Da’ coralli e da neve calda e fresca,
8U’ perle orientali scopre un riso;