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Il Canzoniere 165


V. 136. Non vide il sole, cfr. Petrarca: «Di sì belli occhi uscir mai vide il sole», Canz., CLVIII, v. 14.

V. 141. In guai si sian sermoni, in qualsivoglia lingua.

V. 146. Giostro, combatto, mi sforzo di riuscire.

V. 152. Però, per ciò.

V. 153. Tra l’erbe della riva del Mincio, e cioè nonchè inviarti, io ti trattenga, anzi ti nasconda qui; cfr. chiusa Canzone CLXXXI e CLXXXIII, e questo congedo petrarchesco: «O poverella mia, come se’ rozza! | Credo che te ’l conoschi: | Rimanti in questi boschi», Canz., CXXV, vv. 79-80.


CIII.

Celebra con paragoni iperbolici la fiamma dei fulgidi occhi della Mencia.


A che spiegar le chiome all’aria fore
     Perchè le asciughi il sol con li suoi rai,
     S’al vostro sguardo pien d’invidia e lai
     4S’asconde nè soffrir può quel splendore?
S’asciugar le volete, quell’ardore,
     Che fan vostr’occhi fia bastante assai,
     Ben conoscete il suo calor che mai
     8Non mi trovate senza fiamma in core.
E s’ei non basta, s’un po’ l’appoggiate
     Al fuoco che nel cor porto ristretto,
     11Quelle vedrete subito asciugate.
Ma forse seguirebbe un altro effetto,
     Che le vedreste in cenere cangiate
     14Dal fier incendio che mi strugge il petto.


V. 1. Le chiome, non al sole, ma ai di lei occhi vanno esposte perchè rasciughino.

V. 4. Splendore, cui seguono via via, ardore, calor, fiamma, fuoco, incendio, parole tutte che inducono sempre più nell’imagine evocata, con progressiva efficacia. È artificio, ma ben condotto.