Pagina:Il Canzoniere di Matteo Bandello.djvu/14


Introduzione 13

foggiato anch’egli1 elenchiamo in ordine cronologico tutti i suoi componimenti poetici in volgare a noi pervenuti, limitandoci però qui a dar ragione della sola sua opera maggiore, il Canzoniere.

I. — Il Canzoniere di rime di varia epoca, dettate dall’adolescenza all’età senile, dai vent’anni ai sessanta. Furono edite postume, in stampa assai tarda, nel 1816.

II. — Le III Parche da esso Bandello cantate nella natività del Signor Giano, primogenito del Signor Cesare Fregoso e de la Signora Gostanza sua consorte, altrimenti denominate: Capitoli III Natalitii fatti dal Bandello, dedicati al conte Guido Rangone, fratello della Signora Gostanza Rangone-Fregoso, con lettera datata da «Verona a li XV di Genaro del MDXXXI». Questi Capitoli furono messi a stampa insieme alle Stanze, come diremo.

III. — Ecuba, tragedia di Euripide, tradotta in verso toscano da Matteo Bandello. Precede una dedica in prosa alla Regina di Navarra. Segue al testo una canzone alla stessa, intitolata: «A la sua Hecuba, il Bandello» (pp. 125-127), qui da noi riprodotta tra le Rime estravaganti. La versione bandelliana, composta intorno al 1536, in metro vario, fu edita con questo titolo, di sul manoscritto cartaceo del sec. XVI, di ca-

  1. Questo per esempio, a noi noto:

    Non jam me spernes. Latitant sub veste beatum
    Ingenium, Musæ. Delius, Omne Sophos,

    preceduto dalle parole: «Religio ad lectorem, F. M. Bandello interprete». Così nel frontespizio della Calipsychia, cit., del conte Lazzaro Tommaso Radino-Tedesco. Ad essa è anche premessa una lettera in prosa latina del Bandello, diretta all’autore conte Lazzaro, in cui il Bandello dichiara il contenuto della bizzarra opera; cfr. anche dedica a novª. III-2.