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100 | Matteo Bandello |
V. 3. Forza d’oro, con l’oro, profondendo tesori. — Al ciel levate, sollevate alle stelle, in fama, fatte chiare, cioè illustri.
V. 7. Nulla giovava, a nulla avrebbe giovato.
V. 8. Le lingue, le bocche, il canto dei poeti.
V. 9. Corinna, poetessa greca contemporanea di Pindaro, Cinzia, Laura, Bice tutte furono insigni, chiare; queste tre ultime furono levate al cielo dalle Muse cioè dai rispettivi cantori, Properzio, Petrarca e Dante. Come il Petrarca dettò il Canzoniere per Laura, come Dante le rime della Vita Nuova e la Divina Commedia per Beatrice, così Properzio dedicò, anzi intitolò a Cinzia la donna da lui amata, il suo primo libro di Elegie.
V. 13. È il detto volgare: «far veder bianco per nero», o viceversa.
V. 14. La consueta rassegna di cose assurde.
XLVI.
Dichiara — con complicati e stucchevoli avvolgimenti di idee e di costrutti — il suo insuperabile martirio d’amore.
Esempio di manierismo petrarchesco e di povera arte.
Non è martìr ugual al mio martìre,
Che d’estremo dolor mi spolpa e accora,
E sì m’avviva ancor e mi colora,
4Che non v’è gioia a par del mio languire.
Ma non lo voglio al mondo discoprire,
Perchè di lui non venga l’ultim’ora,
Poichè capace alcun mortal non fora
8Senza morir lo stato mio sentire.
Che quella ond’io men moro, e vivo, è tale
Di bellezza, costumi, e leggiadria,
11Che donna a lei non vede il sol eguale.
Onde ciascun beato mi dirìa,
Lodando la cagion del mio gran male,
14Ma percosso d’invidia ne morrìa.