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parte seconda 367

messa in luce da Wan-kih. Queste due copie del Lun-yü, conosciute coi nomi di Lu-Lun e Thsi-Lun, erano fra loro alquanto differenti. Un letterato chiamato Cang-yü, dopo avere accuratamente esaminate le dette copie, tolse via dal Thsi-Lun due capitoli che c’eran di più, e stabilì il testo corretto su i ventidue capitoli (phien), che componevano il Lu-Lun: e questa nuova compilazione del Lun-yü, che ebbe il titolo di Cang-heu-Lun, fu presa a modello da altri dotti letterati. Ma non andò guari che si rinvenne un altro testo, nell’occasione in cui il principe di Lu faceva demolire la casa di Confucio per ampliare la reggia, insieme coi testi dello Shu-king, del Chun-thsiu e del Hiao-king, come già s’è detto; il qual testo era scritto in quella antichissima forma di caratteri, di cui s’è anche parlato.1 Questa terza copia del Lun-yü, scoperta intorno all’anno 150 av. C., e pubblicata da Khung An-kuo, era divisa in ventun capitoli. Sul finire della dinastia degli Han, Cêng-hsiuan, chiamato anche Cêng Khang-cêng, stabilì definitivamente il testo di questo importante libro, collazionando le diverse copie allora conosciute, e facendovi ampie dichiarazioni.2

Il Legge non crede all’affermazione dei dotti cinesi, che cioè il Lun-yü sia stato pubblicato subito dopo la morte di Confucio, dai discepoli immiediati di lui. E per prova di questo cita alcuni passi di quella scrittura, che conterrebbero anacronismi, se essa fosse, come si pretende, del iv secolo av. C. Le ragioni che porta il dotto traduttore dei Classici cinesi sono di molto rilievo; ma l’opera, di cui si discorre, prestandosi di per sè alle interpolazioni, senza che queste ne alterino il disegno, non


  1. Vedi a pag. 331, e II, 7.
  2. Wên-hsien-thung-kao, loc. cit.

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