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In casa, avevo scoperto un Giusti fra la valanga di libri che riempivano due stanze del secondo piano: e non avevo tardato a farne le mie delizie. Non capivo certamente il poeta satirico: e molto meno il fine cui mirava la satira, ma quell’onda di pura toscanità mi avvolgeva, mi compenetrava con sottile e misteriosa malìa: e mi trovavo spesso, come qualche anno dopo mi avvenne a proposito di Dante, a recitarne interi componimenti senza afferrare il senso delle parole. Dotata di un senso acuto di musicalità io m’assimilavo facilmente tutto quanto e nei libri e nella natura era canto e suono. Anche oggi, nessuno meglio di me sa imitare lo sciacquìo dell’acqua sotto i ponti, i gorgheggi di certi uccelli, lo stormire del vento tra le fronde, il miagolio de’ gatti e il tubare de’ piccioni.

Per tornare al Giusti, in un caldo pomeriggio d’estate, mentre i miei dormivano, non trovai da far nulla di meglio che ricopiare sul mio quadernino di scuola: La madre educatrice e il Creatore e il suo mondo.

E la mattina dopo, portai le due poesie a scuola a una certa signorina G...., molto maggiore a me d’età, che s’ingegnò di spiegarmi il significato poco pedagogico della prima. Poi, ella stessa la ricopiò sul suo quaderno.

Qualche giorno dopo, la G.... non viene all’Istituto; ma invece di lei comparisce un terribile signore coi baffi a punta che chiede del direttore e gli dichiara (questo lo seppi dopo) che egli non può far frequentare alla propria figlia una scuola dove si ricopiano sui quaderni delle poesie immorali scritte non si sa da chi e insegnate e diffuse da una piccola forestiera, figlia certamente d’imbroglioni o di saltimbanchi! E, riassu-