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si deono considerare ed apprestare avanti che a fabbricar si incominci; resta ora che alcuna cosa diciamo de’ fondamenti, da’ quali la preparata materia si comincia a mettere in opera.
CAPITOLO VII.
Delle qualità del terreno ove si hanno da porre i fondamenti.
I Fondamenti propriamente si dicono la base della fabbrica, cioè quella parte, che è sotto terra, la quale sostenta tutto l’edificio, che sopra terra si vede. Però tra tutti gli errori, ne’ quali fabbricando si può incorrere, sono dannosissimi quelli, che nelle fondamenta si commettono, perchè apportano seco la rovina di tutta l’opera, nè si ponno senza grandissima difficultà emendare: onde l’Architetto deve porvi ogni sua diligenza; perciocchè in alcun luogo si hanno fondamenta dalla Natura e altrove è bisogno usarvi l’arte. Dalla Natura abbiamo le fondamenta, quando si ha da fabbricare sopra il sasso, tufo e scaranto quale è una sorte di terreno, che tiene in parte della pietra: perciocchè questi senza bisogno di cavamento, o d’altro aiuto dell’arte sono da se stessi buonissimo fondamento, ed attissimo a sostenere ogni grande edificio, così in terra, come nei fiumi. Ma se la Natura non somministrerà le fondamenta, sarà di mestieri cercarle con l’arte, ed all’ora, o si avrà da fabbricare in terren sodo, ovvero in luogo, ove sia ghiara, o arena, o terren mosso, o molle e paludoso. Se il terren sarà sodo e fermo, tanto in quello si caverà sotto, quanto parerà al giudicioso Architetto, che richieda la qualità della fabbrica e la sodezza di esso terreno; la quale cavazione per lo più sarà la sesta parte dell’altezza dell’edificio, non volendovi far cantine, o altri luoghi sotterranei. A conoscer questa sodezza, gioverà l’osservanza delle cavazioni de’ pozzi, delle cisterne e d’altri luoghi simili; si conoscerà anco dalle erbe, che vi nasceranno, se esse saranno solite nascere solamente in fermi e sodi terreni: ed oltre a ciò sarà segno di sodo terreno, se esso per qualche grave peso gettato in terra non risuonerà, o non tremerà; il che si potrà conoscere dalle carte de’ tamburi messi per terra, se a quella percossa leggiermente movendosi non risuoneranno, e dall’acqua posta in un vaso, se non si moverà. I luoghi circonvicini ancora daranno ad intendere la sodezza e fermezza del terreno. Ma se il luogo sarà arenoso, o ghiaroso, si dovrà avvertire, se sia in terra, o nei fiumi: perciocchè se sarà in terra; si osserverà quel tanto, che di sopra è stato detto de’ sodi terreni. E se si fabbricherà ne’ fiumi, l’arena e la ghiara saranno del tutto inutili; perciocchè l’acqua col continuo suo corso e con le piene varia continuamente il suo letto: però si caverà fin che si ritrovi il fondo sodo e fermo, ovvero, se ciò fusse difficile, si caverà alquanto nell’arena e ghiara e poi si faranno le palificate, che arrivino con le punte de’ pali di rovere nel buono e sodo terreno e sopra quelle si fabbricherà. Ma se si ha da fabbricare in terreno mosso e non sodo, allora si deve cavare fin che si ritrovi il sodo terreno e tanto anco in quello, quanto richiederanno la grossezza de’ muri e la grandezza della fabbrica. Questo sodo terreno, ed atto a sostenere gli edificj è di varie sorti: perciocchè (come ben dice l’Alberti) altrove è così duro, che quasi il ferro non lo può tagliare; altrove più sodo, altrove negreggia, altrove imbianca (e questo è riputato il più debole) altrove è come creta, altrove è di tufo. Di tutti questi quello è migliore, che a fatica si taglia e quello che bagnato non si dissolue in fango. Non si dee
fondare