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66 Brani di vita

voltare, di salire, di scendere, e qualche volta sentite di passare vicino ad un albero o ad uno scoglio, senza vederlo. Il mistero non vi abbandona mai, vi sforza all’attenzione, vi pesa addosso come quando si aspetta qualche cosa e non si sa che.

All’alba giungemmo ad una casa di pastori, proprio sotto al giogo della Falterona. Una donna non ancora vecchia, ma deturpata dagli stenti della vita nomade, chiamò col fischio certe capre e ci munse il latte caldo e spumante. Il monte stava innanzi gigantesco, colle sue coste chiazzate di prati verdi e di abetìe quasi nere, alto alto, tanto che a vederne la cima dovevamo alzare la testa e torcere il collo. Salire dritti alla cima non è facile per le dense fratte di faggi cedui inestricabili come siepi. C’è caso di non poter salire che tagliando i rami fitti e pestando le vipere velenosissime che brulicano nell’ombra umidiccia. Avevamo l’ammoniaca con noi, ma nessuna voglia di usarla, e volgemmo quindi verso levante per avvicinarci alla punta di Modina e dal Pian delle Fontanelle dirigerci alla vetta.

Oh, il magnifico bosco! Gli alberi qui non sono tisici e mortificati come nei nostri civili giardini pubblici, ma alzano superbamente al cielo i fusti rigogliosi e le braccia robuste, si aggavignano alla madre terra con certe possenti radici di cui i primi serpeggiamenti sono scoperti, rugosi, immani. Là bisogna andare per sentire il

Mormoreggiar di selve brune ai venti
Con susurrio di fredde acque cadenti
Giù per li verdi tramiti dei monti;