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malizia, la quale fu questa: senza che l’Asino se ne andasse ordina con due grosse balle di spugna caricasserlo e con doppie funi molto bene raccomandassero; ciò fatto, l’Asino arriva al fiume, dove improvvido si tuffa secondo il solito fino alle orecchie.

O delusa speranza, o pensier folle!

Le spugne impregnate di acqua gli pesarono addosso venti volte più gravi di prima, in guisa che gli ci volle del buono e del bello per non restare annegato come un Cane. Intanto l’aspro filosofo stavasene a gran diletto sopra la sponda facendo eco ai lai dell’Asino con risa così sgangherate, che gli avresti potuto annoverare quanti denti gli rimanessero in bocca. — Ah! Filosofo, vincesti! Nè io punto t’invidio il vanto miserabile, imperciocchè la tua sapienza non ti condusse ad altro che ad aggravare il carico e a schernire alla sventura dell’Asino467.

Se togli questo e qualche altro scarso caso, gli Asini non furono mai superati dagli uomini, anzi nell’apparente servitù dominammo: su la quale cosa meditando Filippo padre di Alessandro Magno proruppe in quella dolorosa esclamazione — ah! qual mai è nostra vita, che fa d’uopo assoggettarla perfino alle circostanze degli Asini468.