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bile attributo dei miei orecchi in altra sede più nobile della orazione, ma la voglia mi scappa di farla palese. Innanzi che gli uomini avessero inventato il barometro io gli sovvenni coll’uffizio dei miei orecchi, e a questo parte mi mosse amore e parte vaghezza di svergognarli, dacchè non aborrivano città e principi tenersi a stipendio certi impostori, che vantandosi astrologhi si mangiavano il pane a tradimento; e quanto i prognostici superassero in sicurezza i loro lo feci vedere il giorno, nel quale il conte Guido da Montefeltro domandò al suo astrologo Guido Bonatti se tempo sereno sarebbe stato domani, e il Bonatti rispose: — «per punto di stelle te lo imprometto bellissimo» ed io giuoco, interruppe un villano, che pioverà a bigoncio e piovve. Il conte avendo visto a prova il suo astrologo vinto dal villano mandò per esso e gli disse: — contami un po’ dove fosti a studio ed in che parte tanta scienza apprendesti? In verità, rispose prontamente il villano, da casa non mi appartai, le orecchie dell’Asino mio furono maestre, perocchè quando molto egli le scuote dà indizio di vicina piova328. Nè questo pregio fuggì al Poeta che si compiacque celebrato co’ versi:

«E quando ei raspa e che zappa col piede
O tien gli orecchi a terra è chiaro segno
Che vicina la pioggia egli prevede.»