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Forse, che come il Caval da furfante
Tuffa il ceffo nel bere? Ei tocca appena
L’acqua; cotanto è garbato e galante324.
Per urbanità dunque, non mica per paura delle mie orecchie, io libo a fiore di labbri. E così dev’essere, dacchè in che, o come potrebbero atterrire i miei orecchi? Nelle scuole usavano metterli in capo agl’infingardi, affinchè gli altri garzoni tenendoseli dinanzi gli occhi s’infiammassero di bello ardore e la trista ignavia fuggissero. Non mancano scrittori autorevoli, i quali la contano altrimenti e dicono, che questo si costumasse non per emulazione, bensì per obbrobrio. La sarebbe lunga raddrizzare i becchi agli Sparvieri; tuttavolta poichè la Eternità si bevve il Tempo come un uovo fresco, a me non grava chiarirti quanti e quali fossero gli scerpelloni dei presentuosi, che digiuni di scienza come di pratica s’impancarono a giudicare. Se le orecchie mie fossero state simbolo di vituperio, quando Giove regnava, le avrebbero prese i Satiri, i Sileni e gli altri Dei minori325? Se ignominia (cosa più stupenda a dirsi), i primi cristiani le avrebbero date alle immagini di Gesù Cristo326? E lasciamo stare i santi; Apollo non fece dono al re Mida di un paio di orecchi di Asino? Tu avrai sentito da taluno raccontare, come Apollo e Marsia un giorno venuti a contesa fra loro per gara di eccellenza nel suono eleggessero re Mida