Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, II.djvu/202

200

mi reputò cosa sopra bestiale, quasi divina per la ombratile verecondia, e per un tale mio squisito pudore da disgradarne una fanciulla educata in un convento. Poichè gli avoli degli arcavoli dei tritavoli miei si mostrarono sempre oltre ogni credere puntigliosi sul fatto onestà, così obbligo più che talento m’invoglia a picchiare su questo punto sodo.

— Mancherebbero innanzi i fiori ai prati, per dirla coll’abbate Pietro Trapassi, e le stelle al cielo, che i testimoni della mia purezza; discretamente ne scelgo due; e il primo è questo: le greche storie raccontano come in Sicandro, isola del mare Egeo, le donne honestatis causa ne bandissero gli uomini e le altre tutte senza eccezione Bestie, tranne gli Asini coi quali elle si addomesticarono vivendo insieme vita romitica, non però quella che racconta messer Giovanni Boccaccio di Alibech con Rustico290.

L’altro esempio è tratto dalle storie di Francia: peccai, lo confesso; anche i santi peccarono, ma pure accusato davanti la giustizia umana e processato, sicchè al solo rammentarlo mi si drizzano per orrore le orecchie sopra la lesta, fui dimesso immune da ogni pena, avvegnachè trovassero ch’io non già per protervia, bensì sedotto dalle lusinghe altrui cascassi in colpa. Ma a quei tempi i magistrati si professavano clienti e ammiratori degli Asini, ed i parrochi più di