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giorni miei avrebbe visto come si moltiplicassero nel mondo gli uomini dal cuore peloso, non più pei moderni Aristodemi e Leonidi argomento di forza, bensì per ripararlo da ogni senso di misericordia e di vergogna.
Nobile sangue io sono, nè per derivare da gentile prosapia vo’ buttarmi giù dalle finestre; e se a Dante Alighieri fu lecito vantarsene in Paradiso, laddove appetito non si torce, non veggo ragione onde abbia a vergognarmene io.
Tu hai da sapere, o re, che mentre io vissi venne l’andazzo nel mondo di tali forme di reggimento chiamate democrazie, le quali comparse appena svanirono come brina disfatta dal sole; però non le disfece il sole, bensì un’afa di viltà comune e di corruttela sterminata. A quei tempi io conobbi la gente nuova banditora solenne di popolesca uguaglianza spasimare dietro titoli puerili, peggio che non avessero fatto i discendenti dai ceppi vecchi: e se taluno ostentò aborrirli, non lo morse mica la modestia, all’opposto la superbia, parendo a lui che distinzione fosse non andare distinto (il che era vero), e considerando ancora che le croci appese al petto non partorivano neppure il benefizio di quelle che si dipingevano sopra i cantoni. Io per me credo che i principi per giuoco immaginassero un giorno di appuntare il ritratto delle Bestie