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di certo pellegrino ingegno, il quale con accorgimento stupendo celebrò i nostri fati così17:

Io mi ricordo, che mi fu contato
Una cosa, che dev’essere intesa,
Ond’ei sarà col tempo più laudato;

Questa è, che ancora gli resta sospesa
Quel che l’anima sua faccia post morte,
Ma ben ne sta con la speranza accesa.

Però, che quando Giove fece accorte
Le anime umane d’immortalitate
Eran presenti gli Asini per sorte.

E pregâr Giove con parole ornate
Che immortalasse le loro alme ancora
Per essergli anche dopo morte grate;

E seguitâr senza più far dimora:
Giove, noi sarem tuoi senza alcun fallo
E in vita e in morte serviremti ogni ora;

Farem cantando alle volte un bel ballo
Et alle feste che darà il tuo coro
Porteremo gli Dei tutti a cavallo.

Allor si ricordò Giove, che loro
Gli dier vinta la guerra co’ giganti
Quando in suo aiuto co’ Silvani foro;