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capitolo x. | 23 |
mentre il romanziere bisogna che a tutto provveda da sè. Ne il dramma stesso procede scevro da digressioni, a mo’ di esempio dei soliloqui, i quali se levi, co’ sogni e le descrizioni, il dramma ti apparirà un ombrello senza seta. O pensi un po’, che sia benedetto, al Byron e al Balzac per tacere degli altri; dai sedici canti del Don Giovanni, del primo, se levi le digressioni, gli è bazza se te ne resta in mano la materia di otto; e se il Balzac non menava il can per l’aia, o come avrebbe potuto fornirti quelle sue maravigliose e ad un punto desolanti analisi del cuore umano?
La censura della frequente allusione alle vicende della propria vita, ai suoi nemici, a se stesso per me giudico più che di giustizia priva di carità; chi reputa nello scrittore elettiva la qualità di obiettivo e di soggettivo, s’inganna: ella viene di natura, che il Dante, l’Alfieri e il Byron non potevano essere diversi da quello che furono; e obiettivo fra i germani fu il Goethe, non già lo Schiller; nei primi prevale il cuore, nei secondi il cervello: a chi pertanto sorti da natura prevalenza soggettiva, la rampogna dell’uso di quella equivale a criticare l’aquila perchè adopera l’ale. — E perchè redarguite l’offeso, se di tratto in tratto si lamenta? Voi dite: Le sono piaghe antiche: ma io vi rispondo che le piaghe dell’anima non sanano mai:
Piaga per allentar d’arco non sana.