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28 | parte prima — cap. iv |
cési, appréso, péso, imprésa, difésa, scésa, arnése, Danése, Calabrése ecc. Conservano però l’s molle blèso, chièsa, cortése, Francése, marchése, paése, palése, Terèsa, Agnèse, e parecchie voci d’origine greca.
§ 14. Altre eccezioni più comuni sono le seguenti: cása, còsa, ráso, fúso (arnese per filare), náso, ásino, susúrro, desidèrio (non desíre), ríso nome e verbo (ma non deríso); e i passati remoti pósi (donde altresì pòsa e ripòso), rispósi, nascósi e simili; rimási, chiúsi, chiúso (ma non -clúso nè i suoi derivati), róso da ródere.
La differenza di suono dell’s non impedisce la rima. P. es.:
Indi rendei l’aspetto all’altre cóse, |
(Dante, Purg., xxix, 58).
§ 15. s dura piglia alcune volte il suono schiacciato sci davanti al quale l’i seguente sparisce: in-sípido, scípido e scipíto; salíva, scialíva antiq.; vessíca, vescíca; separáre, sceveráre; siròcco, sciròcco.
Forme con sp, sch, st: spúma, schiúma, stúmmia (da stiuma); spiedo, schidióne; schiáffo, stiáffo: schiantáre, stiantáre; raschiáre, rastiáre; fischiáre, fistiáre; schioccáre, stioccáre; schiávo, stiávo. La forma sti è plateale, e non si suole adoperare nelle scritture.
§ 16. z si scrive ora semplice, ora raddoppiata, senza che ciò apparisca dalla pronunzia. Quindi bisogna tener per regola di scriverla semplice in principio di parola, p. es. zána, zèlo; e in mezzo di parola quando stia dopo consonante, o davanti a due vocali, p. es. cálza, affezióne, profezía. Al contrario si deve scriverla raddoppiata in mezzo di parola quando sia preceduta da vocale e seguita da vocale semplice, p. es.