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xviii | prefazione |
vivo di Firenze come l’esempio unico dello scriver moderno, parendogli giustamente che, ove questo criterio fosse stato adottato, sarebbero diminuite le discrepanze e le incertezze dei grammatici, e reso più facile a forestieri il parlare e scrivere correttamente.7
Nè si deve tacere d’un altro difetto appuntabile alle nostre grammatiche. Ognun sa oramai quanto gli studii della filologia abbiano, anche nel campo delle lingue romanze e perciò dell’italiana, trasformato i criterii ed il metodo su cui riposavano molte teorie grammaticali; rettificato tante false spiegazioni di cangiamenti di suono per effetto della pronunzia; meglio chiarita l’indole di ciascuna lettera, gli accozzamenti di esse, i dittonghi, e quant’altro si riferisce alla struttura delle parole ed alla loro filiazione e formazione. Ora di questi nuovi studii, la più parte dei nostri moderni grammatici ed i più autorevoli non hanno o potuto o voluto trarne profitto, sia che non li conoscessero, sia che come merce in parte straniera li disprezzassero e ne diffidassero: altri modernissimi (e fra questi ricordo con onore il prof. De Mattio) si sono valsi largamente del metodo scientifico, ma non hanno serbato (o almeno ci pare) tutta quella chiarezza e facilità che ad uso dei non filologi sarebbe stata necessaria, e i loro lavori per una parte ricordano troppo spesso l’organismo del latino e somigliano a gramma-