Pagina:Grammatica italiana, Fornaciari.djvu/127


quarta e quinta declinazione de’ nomi 93



§ 8. La quinta classe o declinazione comprende tutti quei nomi che uscendo nel singolare in vocale accentata (siavi o no segnato l’accento) punto non variano al plurale. P. es.:

la verità, le verità
il caffè, i caffè

lunedì
falò
virtù,

molti de’ quali nomi sono voci tronche, come virtù da virtùte; piè da piède; da rège poet.


§ 9. Sono femminili i nomi astratti. P. es. verità, voluttà, virtù, , mercé:

sono maschili quasi tutti gli altri. P. es. , piè, Pascià, podestà, lunedì, martedì, giurì, Perù, balì, baccalà:
sono di genere comune alcuni nomi d’animali. P. es. gru.


§ 10. A questa medesima declinazione si possono riferire anche que’ nomi, comunque accentati, che hanno origine e forma forestiera, e terminano in consonante; o nomi proprii, come Dávid, Nátan, Agilúlf; o appellativi, come òmnibus specie di carrozza; bágher vettura; gíbus specie di cappello. Talora questi e simili nomi si fanno italiani assumendo in fine un o o un e, e trasportando anche talora l’accento; ed allora hanno il plurale in i. P. es. i Davíddi, i Natánni, i bágherri, ecc. Così dai nomi Èttore e Anníbale, originalmente finiti in r ed l, sono derivate le forme poetiche Ettòrre ed Annibálle (vedi Parte I, cap. viii, § 7).