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22 | l’amore |
erano nimici in quel tempo nell’arte loro poetica. Volli, che Morgana, e Celio mi servissero a por in vista in modo caricato il genio avverso di quei due, talenti, nè mi curai di raddoppiare personaggi, per salvarmi da una critica in uno smoderato capriccio.
Uscivano Tartaglia, e Truffaldino armati, come s’è detto, e uscivano con un corso velocissimo. Avevano un Diavolo con un mantice, che, soffiando lor dietro, li faceva precipitosamente correre. Il Diavolo cessava di soffiare, e spariva. I due viaggiatori cadevano a terra per l’impeto, con cui correvano, alla sospensione del vento.
Ho infinito obbligo al Sig. Chiari dell’effetto efficacissimo, che faceva questa diabolica parodìa.
Nelle sue Rappresentazioni, tratte dall’Eneide, egli faceva fare a’ suoi Trojani nel giro d’una scenica azione de’ viaggi grandissimi, senza il mio Diavolo col mantice.
Questo Scrittore che pedantescamente insultava tutti gli altri nelle irregolarità, donava a sè stesso de’ privilegi particolari. Io vidi nel suo Ezelino, tiranno di Padova, in una scena soggiogato Ezelino e spedito un Capitano all’impresa di Trevigi, soggetta all’armi del tiranno. Nell’Atto medesimo della stessa Rappresentazione, nella scena susseguente, ritornava il Capitano trionfante. Aveva fatte più di trenta miglia, aveva preso Trevigi, fatti morire gli oppressori; e in una fiorita narrazion, che faceva, giustificava l’azione impossibile colla gagliardia d’un suo bravissimo cavallo.