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cxcviii prefazione.


Ed ora, per conchiudere anche nel giudicare il poeta, non c’è, mi sembra, che da collocarsi in un punto medio tra gli entusiasmi dei Romantici stranieri e certi dispregi troppo dogmatici e tradizionali della critica letteraria Italiana. I Romantici hanno separato il Gozzi dagli antecedenti, che ha nella nostra storia letteraria; lo hanno paragonato, come poeta drammatico, ad Aristofane ed allo Shakespeare e come umorista al Richter, allo Swift, allo Sterne; hanno alterato la sua indole e le circostanze più comuni della sua vita; hanno fatto di lui un personaggio leggendario, della Venezia del suo tempo una città di rimbambiti, che volentieri tornava ai trastulli dell’infanzia, e delle Fiabe una creazione istantanea, sbucata di sotterra ad ora fissa, affinchè quella città avesse la letteratura, che meritava. Tuttociò non è conforme alla realtà. L’Italia aveva avuta una Commedia dell’arte ed una Commedia popolare scritta.1 Negli Scenari della Commedia dell’Arte, in quelli di Flaminio Scala, per esempio, si trovano già le fantasmagorie delle Fiabe Gozziane, e le Maschere mescolate a’ personaggi eroici, e la scena in China, nel Marocco, in Persia, in Egitto.2 Gli esemplari

    Dic. 1784, diretto ai fratelli e Nipoti. Debbo anche questo interessantissimo documento alla cortesia del Comm. B. Cecchetti, Soprintendente degli Archivi Veneti.

  1. Vedi l’importante Introduzione del Prof. Adolfo Bartoli agli Scenari inediti della Commedia dell’Arte. (Firenze, Santoni, 1880.)
  2. Moland, Op, cit. Chap. IV.