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prefazione. xciii

lenni; e già molti altri s’erano prima del Gozzi valuti di questa bellissima novella, lo Shakespeare per l’episodio di Porzia nel Mercante di Venezia, (dove i tre cofani d’oro, d’argento e di piombo, fra i quali i pretendenti alla mano di Porzia hanno da scegliere, fanno riscontro ai tre enigmi della Turandot), il Molière per la Principessa d’Elide, imitata da un dramma spagnuolo del Moreto, ma che pel carattere dell’eroina (ciò che non è della Porzia dello Shakespeare) combina essa pure colla Turandot, le cui fonti risalgono poi per questa trafila insino ai Gesta Romanorum.1 Ma a che cosa approderebbe del resto una simile ricerca pel Gozzi, il quale si serve dell’antico contenuto delle Fiabe popolari per fini letterari e morali tutti suoi personali e del tempo suo? Oltredichè delle due specie di commento, scientifico e psicologico, che si potrebbero fare alle Fiabe del Gozzi, il primo, anche sapendolo fare, sarebbe assolutamente un fuor d’opera, il secondo, dove il Gozzi stesso non ha detto le sue intenzioni, diverrebbe affatto cervellotico ed arbitrario. Non ignorava neppure Carlo Gozzi che le portentose novelle da esso adoperate, e che con molta proprietà chiamò fiabe, sono di origine mitologica, e che in esse «come in un

  1. Gesta Romanorum, Ediz. Vesterley, Fascik. II, 251, app. 55, pag. 655. Il Magrini nota che il Gozzi tornò altre due volte su questo tema, ripigliandolo esso pure dal dramma del Moreto, nella Principessa Filosofa e nella Donna contraria al consiglio.