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sarete ingiusto e crudele. Per me vi perdono l’ingratitudine che mi usate, ma chi à ardire di porre in dubbio la delicatezza dell’onor mio, non è degno della mia amicizia. Cavaliere, vi aspetto. Milord, vi saluto. (parte)
SCENA VI.1
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Cavaliere. Sì, certo, e non potendo trattenere lo sdegno, partì ingiuriandomi villanamente. Milord Artur prese le di lei parti, seguitò ad insultarmi, ed ecco nata la sfida.
Bonfil. Sospendete per ora di cimentarvi.
Cavaliere. Ma l’onor mio vuole che mi solleciti.
Bonfil. Non è vero; basta per salvar I’onore, che in un incontro non mostriate viltà; ma quest’incontro può differirsi. La causa non interessa voi solo; ci sono io molto più interessato di voi; e la vostra sfida può mettere la mia reputazione al bersaglio. O sono falsi i vostri sospetti, o sono in qualche modo fondati. Prima di passare più oltre, mettiamo in chiaro una tal verità! Trattenetevi per poche ore, e prima ch’io non lo dica, favoritemi di non uscire da queste porte.
Cavaliere. Bene, manderò intanto il mio servitore a prendere le mie pistole; io ho scelto l’arme, e tocca a me il provederle. Così si pratica in buona cavalleria. Chi viaggia, impara. Andrò a trattenermi intanto nella vostra libreria; so che avete un Atlante bellissimo. Ripasserò colla memoria quel che ho veduto cogli occhi. Confronterò le carte col diario, e se vi troverò degli errori, correggerò l’Atlante. Il mio diario è stupendo. Ho veduto molto, ho viaggiato assai, e non ho viaggiato in uno stivale. (parte)