Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XI.djvu/475


TORQUATO TASSO 461
Onde rason rendendo l’omo sdegnoso e forte,

Rinaldo abbandonando della maga le porte,
     «Squarciossi i vani fregi e quelle indegne
     «Pompe, di servitù misere insegne.
Cavaliere. Cotesta cantafera è badiale e ridicola,
Ma chi cinguetta a aria, zoppicando pericola.
Tasso par tutto il mondo, ma il parere, e non essere,
È come giustamente il filare e non tessere.
Vi proverò col testo, ch’ei non è autor dell’opera;
Che Omero, Dante, Ovidio e il buon Virgilio adopera;
Che veste l’altrui penne la garrula cornacchia,
Che cigno di palude non modula, ma gracchia.
Atto a condur dassezzo più che la penna il vomero,
Merta che si coroni di buccie di cocomero. (parte)

SCENA XI.

Sior Tomio solo.

Chiaccole senza sugo. Sto sior voggio sfidarlo,

E col Tasso alla man, in sacco voi cazzarlo.
Ghe spiegherò dell’opera tutta l’allegoria,
Ghe proverò i precetti dell’epica poesia,
La favola, l’istoria, l’intreccio, i episodi,
L’espression, i argomenti, e le figure, e i modi;
Con un bon Venezian sto sior che nol se meta,
El resterà in vergogna, ghe dirò col poeta:
     «Renditi vinto, e per tua gloria basti,
     «Che dir potrai che contro me pugnasti. (parte)

Fine dell’Atto Terzo.