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NOTA STORICA
Tra le sedici una delle più gaie e più vive. Poteva anzi essere dalla prima battuta all’ultima una farsa esilirantissima, se Rosaura movesse alla mira con più garbo e grazia, e la rigida onestà non impacciasse tanto il suo dottore. Svolgimento eccessivamente ampio è dato alla breve e semplice favola, che in tre lunghi atti e in tanto variar di scene si diluisce troppo. Rosaura — lo vede tosto ognuno — vuol esser curata dall’Onesti per la vita, e all’ultima scena il bravo medico, messi a dormire gli scrupoli, finirà con lo sposare l’avvenente ammalata. Se n’accorgono gli spettatori, «on prévoit le dénoument dès le premier acte», avverte lo stesso Goldoni (Mém. p. II, c. X ), ma nulla scopre il buon Pantalone, accecato dall’amore per la figliola. Lo stesso dottore, così attento nell’arte sua, si scorda di leggere negli occhi della ragazza. Maggior perspicacia invece, anche fuori della sua professione, qualche po’ di lotta tra la simpatia, resa visibile, e il delicato ufficio suo avrebbero conferito alla figura più rilievo e reso più naturale la chiusa.
Più conciso del Goldoni era stato il Molière, allorchè riprendendo ai comici italiani e al teatro spagnuolo il noto motivo della fanciulla che, per sottrarsi a nozze incresciose e sposare chi ama, si finge malata, o pazza, o spiritata (Toldo, Molière en Italie. Journal of comparative literature. Vol. I, n. 3, luglio-sett. 1903, pp. 254 segg.), compose e fece recitare in cinque giorni il suo Amour médecin «simple crayon.... petit impromptu» (Au lecteur). E, anche per confessione dell’autore, dall’arguta commediola del Molière (non certo dall’Ammalata del Cecchi (Klein, Gesch. d. ital. Dramas, XII, p. 446), stampata appena nel 1855) che parte il Goldoni, facendo subire alla favola i mutamenti avvertiti nella Premessa (L’a. a chi legge). Ma la tela nell’Amour médecin è una cosina quasi evanescente di fronte alla satira dei medici, de’ quali, si sa, Molière non seppe dir male che basti. Certo le ragioni non son tutte ne’ pettegolezzi tra Madame Bejart e una comare sua coinquilina, come, sulla scorta del Grimarest (Vie de M. Paris, 1705, p. 74), ripete il Goldoni. Assai più nella consuetudine lunga ch’ebbe de’ medici il poeta francese, tanto cagionevole di salute. Per il Goldoni, fortunatamente, questa ragione non c’era. Nessuna stizza personale l’anima contro i seguaci d’Ippocrate, e la berlina cui li espone è più frutto di riflessi letterari che studio immediato del vero. Sempre oggettivo però e uso a vedere dappertutto il buono e il cattivo — a’ medici ignoranti e ciarlatani oppone un confratello, esempio di perizia ed onestà. «Eliminati i rappresentanti indegni, la medicina ha diritto pieno a tutto il nostro rispetto», ecco la morale che, chi se ne diletta, riesce a trarre dalla sua commedia. Ma l’omaggio avrebbe ben altro valore, se veniva p. e. dal Molière, sempre malazzato! «Tanto peggio per la medicina — osserva argutamente il Musatti (G. e la medicina. Marzocco, 25 febbr. 1907) — che fra i due, deve rassegnarsi ad avere elogi soltanto dal sano». Sente però qualcuno nella lunga dissertazione dello stesso dottor Onesti (a. II, sc. XI) spirare aure di satira (Baumann, Ueber das Abhängigkeitscerhältnis A. Notas v. Mol. und G. Roman. Forsch. XXV, pag. 516). Per quel po’ di suppellettile medica che il Goldoni sfoggia in questa commedia