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IL PRODIGO 287


Clarice. Io non sono di tal intenzione, quando mio fratello non abbia cose di gran premura.

Momolo. Caro sior Ottavio, almanco una settimana.

Clarice. È compiacente mio fratello; non dirà di no.

Leandro. Resterà il signor Ottavio, resterà la signora Clarice; basterà che io me ne vada.

Momolo. M’immagino che el gh’averà dei interessi a Venezia, che nol se poderà trattegnir. (a Leandro)

Leandro. Certamente ho degli affari non pochi.

Momolo. Co se gh’ha da far, no se pol lassar la premure per i divertimenti. La se comoda co la vol.

Leandro. Profitterò dei buoni consigli del signor Momolo e delle tacite persuasioni della signora Clarice.

Clarice. Dov’è stato finora il signor Momolo?

Momolo. Son sta anca mi per qualche interesse col mio interveniente1, col mio fattor, colla zente de casa. La vede ben, chi vuol esser servidi bisogna veder, preveder e comandar.

Ottavio. Queste sono massime di chi ha giudizio.

Clarice. Si vede che il signor Momolo è pieno di talento, di buone maniere e di gentilezza.

Momolo. No la me fazza vegnir rosso. No gh’ho nissun de sti meriti. (Ste belle cosse no la me le ha più dite). (da sè)

Leandro. La signora Clarice non suol esser prodiga delle sue lodi. Convien dire che il signor Momolo abbia un merito straordinario.

Clarice. Signor Momolo, quando noi ce ne anderemo, non verrete a Venezia in compagnia nostra?

Momolo. Se sarò degno de sta grazia, la riceverò per onor.

Ottavio. In buona compagnia il viaggio riesce meno noioso.

Leandro. Perchè la compagnia non resti pregiudicata da oggetto poco piacevole, io partirò prima di loro signori.

Clarice. Questa sera, signor Momolo, come ci divertiremo?

Momolo. Se dilettela de ballar?

Leandro. La signora Clarice si diverte in tutto, ma principalmente nel corrispondere con manifesto disprezzo a chi le usa delle attenzioni.

  1. Vedi nota (3) a pag. 268.