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capitolo xii | 179 |
genero di lei. In questa commedia vi sono molti particolari relativi alla morte del Molière. Il Baron, comico della compagnia del Molière, era figurato dal personaggio di Valerio; Leandro era il ritratto del De la Chapelle amico dell’autore, conosciutissimo nella sua istoria; ed il conte Lasca rappresentava uno di quei Piemontesi che giudicavano le composizioni teatrali senza averle vedute mettendo a confronto male a proposito con l’autore francese il veneziano, che è quanto dire lo scolaro col maestro. Questa commedia è in versi, e benchè avessi fatto tragicommedie in versi sciolti, ciò nonostante questa fu la prima commedia da me composta in versi con rima. Siccome si trattava di un autor francese che aveva molto scritto in questo stile, bisognava imitarlo; onde non trovai se non se i versi chiamati martelliani, che più si accostassero agli alessandrini; di questo genere di versificazione ho fatto già parola nel capitolo XVII della prima parte delle mie Memorie.
Terminata la mia composizione e distribuite le parti, ne feci fare in Torino due prove, indi partii per Genova senza vederla rappresentare. I comici ed alcuni altri della città erano al fatto dell’allegoria del conte Lasca, onde gli avevo incaricati di darmene notizia: seppi dunque alcuni giorni dopo, che la commedia aveva avuto un gran successo, che era stato perfin riconosciuto l’originale della critica, e che il medesimo si era dimostrato ingenuo a segno da confessare apertamente di esserne meritevole.
In Genova mi trattenni tutto il tempo dell’estate, conducendovi una vita deliziosa, e nel più perfetto riposo. Ah! quanto è dolce, ed in special modo dopo aver molto lavorato, passar qualche giorno senza far nulla! Frattanto andavamo a gran passi avvicinandoci alla stagione dell’autunno, ed il tempo cominciava a raffrescare; ripresi dunque quella strada che ricondur doveami al luogo del mio lavoro. Giunto a Venezia, trovai stampato il mio primo volume, e qualche danaro dal mio libraio: ricevei nel tempo stesso un orologio d’oro, una tabacchiera dell’istesso metallo, ed un vassoio d’argento con cioccolata, unitamente a quattro paia di manichetti di punto di Venezia. Questi erano i regali di quelle persone alle quali avevo dedicato le mie prime quattro Commedie.
Alcuni giorni dopo arrivò anche il Medebac, e mi parlò molto dell’incontro del mio Molière in Torino: e siccome avevo gran desiderio di vederlo rappresentare, andò in scena in Venezia nel mese di ottobre del 1751. Questa commedia conteneva due novità in una: quella del soggetto e quella della versificazione. Infatti i versi martelliani erano già in dimenticanza, poichè la monotonia della cesura, e la rima troppo frequente e sempre accoppiata, avevano già disgustato le orecchie italiane, nel tempo in cui viveva ancora il loro autore; onde tutti erano preoccupati contro di me che pretendevo di far rivivere un genere di versi già proscritto. L’effetto però smentì la preoccupazione; i miei versi piacquero quanto la rappresentazione, dimodochè per voce pubblica il Molière ebbe posto accanto alla Pamela.