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libro secondo - capitolo undecimo 245


prorompere, chiamando viltá e codardia quello che è prudenza e longanimitá civile. Imperocché, siccome ogni riscossa legale acquista dalla legge una forza morale incomparabile e una grande probabilitá di riuscita; quando un popolo può ricuperare i suoi diritti senza violar lo statuto, anzi in virtú di esso, sarebbe temeritá e follia l’arrischiare il tutto col muovere fuor di tempo e in congiunture poco propizie. Se in Germania e in Italia i popoli abbiano del pari profittato dell’esperienza, io non lo so; ma la quiete dell’ultimo biennio m’induce a sperare che il senno abbia avuto qualche parte in quello che forse è stato necessitá. Nel modo che i principi assoluti di Europa sono propriamente una sola casta, cosi i popoli e i democratici di tutti i paesi debbono considerarsi come una sola famiglia, e quindi evitare quegl’impeti divisi e sregolati che tante volte li pregiudicarono. Né dee gravare l’indugio, perché in ogni spezie di guerra il temporeggiare è guadagno quando scema le forze dell’inimico. Ogni giorno che passa toglie ai despoti, aggiunge ai popoli qualche fautore e rende gli eserciti smisurati piú gravosi e men fidi, tanto che fra non molto saranno intollerabili alla borsa di chi li paga e sospetti alla sua potenza. Cosicché, ragguagliata ogni cosa, la democrazia può risarcire i suoi danni e assicurarsi di vincere, se imita Fabio Massimo, «qid cunctando restituit rem»1; laddove la fazione austrorussa si trova in peggiori panni di Annibale, né può aver fiducia di rimettersi che provocando i popoli a impazienza e accelerando la pugna. E quanto piú si ritarda, tanto meglio essi popoli e gl’ingegni particolari hanno tempo e agio di maturare le idee loro; imperocché il Rinnovamento dovendo anche essere economico, e regnando oggi negli spiriti una gran confusione da questo lato, per cui il fattibile si mescola col chimerico, ogni dimora che la scemi e, accrescendo le cognizioni sode e fondate, tolga credito alle fantasie si dee recare a profitto.

Essendo oggi i popoli piú savi dei governi e avendo fatto il primo passo nella via della saviezza, che è quello di saper



  1. Virg., Aen., vi, S47.