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«potendosi andare in cielo o in precipizio» (*). Ma ciò non

10 sbigottisce, essendo, come Agricola, «pronto allo sperare e tetragono alle sventure» (*), anzi alla morte, il cui disprezzo è

11 suggello della grandezza (3). «Alcuno domandò ad Agide re di Sparta: come possa l’uomo dimorar franco e libero in tutta sua vita? A cui rispose: — Dipregiando la morte» ( 4 ). — «Chi è preparato a morire è padrone del mondo dice il Leopardi (5); e Santorre di Santarosa, prima di partir per la Grecia nel 1824, scriveva che «quando si ha un animo forte, conviene operare, scrivere o morire» ( 1 2 3 4 * 6 7 L Laddove il soverchio amor della vita non cade per ordinario che negli animi gretti e mediocri, ed è nemico mortale delle nobili operazioni ( 7 ).

Non è però che la notizia sagace e profonda delle probabilitá esteriori e la coscienza delle proprie forze non facciano prevalere la speranza al suo contrario. Questo sentimento viene avvalorato in particolare dalla pazienza, dalla costanza, dalla longanimitá, che sono altre doti solite a trovarsi negli uomini non volgari ( 8 ); e sovratutto da quella attivitá straordinaria che

(1) Tac., Misi., ri, 74.

(2) Tac., Agr., 35.

(3) «Dove la necessitá strigne è l’audacia giudicata prudenza, e del pericolo nelle cose grandi gli uomini animosi non tennero mai conto. Perché sempre quelle imprese, che con pericolo si cominciano, si finiscono con premio, e di un pericolo mai non si usci senza pericolo» (Machiavelli, S/or., 3).

(4) Plutarch., Apopht. lacaed.

f 5 ) Opere, t. ir, p. 164.

(6) Revtie. des deux mondes, t. xxi, p. 680.

(7) «Consentii/ tini /tutti immunitá claritate ob nitniam vivendi cupidinem» (Tac., Ann., 11, 63). «.Visi impuni/atis cupido retinuisset inagnis semper conatibus adversa» ibid., xv, 50). «Spe vitae, quae plerumque magnos animos infringit» (Id., f/ist., v, 26).

(8) Queste doti sono tanto piú degne di pregio, quanto meno vengono avvertite e lodate per la condizione di coloro che le posseggono. Tali sono quegli arditi peregrinatori, che con fatiche incredibili fra patimenti e pericoli di ogni sorta, penetrano per mare e per terra in regioni inospite ed incognite per acquistare nuovi tesori alla scienza: onde Giovanni Burckhardt fu alla nostra memoria il modello. Toccai altrove di chi recava in Europa il primo testo dei libri zendici : ma non meno ammirabile è Alessandro Csoma di Coros, che fu l’Anquetil del nostro secolo. Nato in Transilvania e nudrito in Gottinga di forti studi, egli parte nel 1822 tutto solo, a piedi, senza un danaro, e mendicando per Costantinopoli, il Cairo, Bagdad, la Persia.